16/06/2025
Circolare solamente in città per un SUV è riduttivo: tutte le sue potenzialità possono essere infatti dimostrate sulla ghiaia, più che sull’asfalto. Dall’aeroporto di Ginevra inizia la salita, non solo geografica, ma anche emotiva. In poco meno di un’ora e mezza partiamo alla volta di Sallanches, in Francia, trampolino di lancio verso il mondo alpino. Da lì il sentiero si snoda verso l’alto fino al «Refuge de Mayères» a 1.580 metri. Il sentiero? Una piccola sfida. Per Dacia Bigster Extreme 4x4? Una passeggiata anche sui pendii più ripidi.
Con un equipaggiamento completo, la trazione integrale e una coppia che permette di salire senza sforzo anche sui terreni più impervi, Bigster si supera detriti, radici e sassi come se nulla fosse. E infatti in meno di venti minuti siamo in cima, davanti al rifugio. Nessuno stridore, nessuno slittamento, solo trazione e controllo. L’auto sembra una nuova risorsa del soccorso alpino, solo in abiti civili.
Una volta raggiunta la cima, la perfezione tecnica incontra la maestosità naturale. Davanti a noi il massiccio del Monte Bianco, imponente, splendente, silenzioso. Ma ci sono anche altri protagonisti. A destra, la Catena des Aravis, frastagliata, scoscesa, quasi drammatica. A sinistra entra in scena il massiccio del Fiz, uno scenario contrastante fatto di pareti calcaree chiare e creste ripide. E proprio di fronte le Quatre Têtes, rocce squadrate dall’aspetto quasi umano, che ci fanno sentire osservati. Il cielo è limpido, ci sono 30 gradi e neanche un refolo di vento. È quasi troppo per un singolo istante.
Ma il meglio è che invece di dormire nella stanza comune del rifugio con 50 altre persone, ci rannicchiamo nel nostro sacco a pelo a bordo di Dacia Bigster. Questo è possibile grazie all’intelligente «Pack Sleep», un modulo letto ribaltabile disponibile di serie (al prezzo di CHF 1590) o come optional integrabile in un secondo momento (al prezzo di CHF 1899). Il bagagliaio si trasforma in un letto matrimoniale a tutti gli effetti in meno di due minuti: 1,90 metri di lunghezza, fino a 1,30 metri di larghezza, con uno spazio di stivaggio ben studiato e un piccolo tavolo pieghevole. E come se non bastasse, il tetto panoramico come finestra sull’universo.
Sdraiati al chiuso, ammirando le stelle fuori. Serve altro? Solo il crepitio della notte di montagna ci accompagna, mentre Bigster ci avvolge come un bozzolo. Lo spazio per la testa è limitato, ma diciamoci la verità: chi dorme sotto le stelle, preferisce comunque guardare in alto.
Il mattino seguente, l’aroma del caffè aleggia ancora nell’aria quando improvvisamente il rombo sonoro di un piccolo aereo a elica si fa sentire sopra il rifugio. Non si tratta di un giro turistico in elicottero, ma di una missione di precisione: sta raggiungendo l’Altisurface di Mayères, l’ultima superficie altimetrica ufficialmente autorizzata nell’Alta Savoia. Due piloti scendono dall’aereo come se fosse la cosa più normale del mondo atterrare a 1.560 metri di altitudine in mezzo alla natura selvaggia.
Si prendono il tempo necessario, mostrano con orgoglio il loro velivolo, spiegano le correnti ascensionali, le velocità di discesa e raccontano degli avvicinamenti sulle Alpi, dove ogni metro è fondamentale. E mentre raccontano dei flussi termici e delle finestre di atterraggio ridotte, diventa chiaro che il loro entusiasmo è sincero e contagioso. Qui infatti escursionisti, automobilisti e piloti condividono qualcosa che spesso si perde a valle, ovvero l’umiltà di fronte alla natura e il fascino infantile dell’avventura.
E alla fine di questa piccola fuga in quota, ciò che rimane è molto più di una semplice vista su uno spettacolare paesaggio montano. Rimane la consapevolezza che non serve molto per vivere una vera avventura. Niente hotel a cinque stelle, niente fronzoli. Una Bigster, un sistema letto intelligente e una montagna che dimostra quanto poco serva davvero per vivere grandi esperienze.